Isernia, inchiesta ‘Alta tensione’: il gup ha disposto due rinvii a giudizio
Il processo su emissione di fatture false e tentata truffa alla Regione inizierà a dicembre, intanto i legali assicurano: «Dimostreremo la loro innocenza»
Emissione di fatture false e tentata truffa alla Regione: è fissato per il prossimo 6 dicembre l’inizio del processo a carico dei fratelli Massimiliano e Gabriele Scarabeo.
Ieri mattina il gup del tribunale di Isernia Arlen Picano, al termine dell’udienza preliminare, ha infatti rinviato entrambi a giudizio.
Delle accuse formulate a carico degli imputati, due saranno al centro del procedimento penale a Isernia. Le altre saranno al vaglio dei giudici di Campobasso, per ragioni di competenza territoriale.
«Non abbiamo optato per riti alternativi – ha spiegato l’avvocato Ernesto De Angelis di Santa Maria Capua Vetere, che assiste Massimiliano Scarabeo insieme a Giuseppe Stellato e Mariano Prencipe del Foro di Campobasso e Danilo Leva del Foro pentro– perché il processo ci darà la possibilità di dimostrare la completa innocenza del nostro assistito. Abbiamo richiesto le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche, dalle quali emergerà la sua estraneità ai fatti».
Gabriele Scarabeo è invece difeso dall’avvocato Marco Franco del Foro di Roma. «Il mio assistito ha scelto il processo ordinario – ha detto il legale – e finalmente avremo un giudice davanti al quale dimostrare la sua innocenza».
Tutto cominciò nell’estate di tre anni fa, quando l’allora assessore regionale alle Attività Produttive e il fratello vennero confinati agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta ‘Alta tensione’. Tre settimane dopo, il tribunale del Riesame di Campobasso, accogliendo le richieste dei loro legali, stabilì per entrambi la misura meno afflittiva del divieto di dimora in Molise. Le indagini, coordinate dalla Procura di Isernia, vennero eseguite dalla Guardia di Finanza. Nel mirino degli inquirenti finì una richiesta di contributo regionale da 122mila euro per l’acquisto di un macchinario, che però –secondo la tesi della Procura – non sarebbe mai avvenuto realmente da parte della società di famiglia degli imprenditori venafrani.
L’azienda in questione, secondo quanto emerso dalle indagini, ne possedeva uno vecchio, che avrebbe fatto passare per nuovo con l’obiettivo di evitare i controlli. Inoltre le Fiamme Gialle contestarono un meccanismo di asserite false fatturazioni mediante le quali la società per azioni avrebbe evaso l’Iva per un milione e 200mila euro.
Fin dall’inizio gli indagati si sono sempre dichiarati estranei ai fatti.
Fonte: primopianomolise.it