Fugge all’estero con la figlia minorenne sottraendola al padre: condannata madre romena per il reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero ex art. 574 bis c.p.; attivata Convenzione de L’Aja del 25.10.1980 per consentire al padre, assistito dallo Studio Legale Leva, di ricongiungersi con la propria figlia.
di Dott. Fiore Di Ciuccio
Approfondimento alla sentenza n. 733/19 emessa dal Tribunale di Larino, sezione Penale, in composizione monocratica il 20.11.2019.
Sommario: 1. Fatto; 2. Reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero ex art. 574 bis c.p. ; 3. Convenzione de L’Aja del 25.10.1980, Capo IV, Diritto di visita ex art. 21.
(Omissis)
1. Il fatto.
In data 22.10.2015, la persona offesa – poi costituitasi parte civile nel medesimo processo, ed ivi assistita dallo Studio Legale Leva – sporgeva formale atto di denuncia-querela a carico della moglie per avere, la stessa, sottratto e portato all’estero la figlia minorenne, in assenza di valida forma di consenso da parte del padre.
Invero, la donna, di nazionalità romena, con l’intento di fuggire nella sua terra d’origine con la figlia, dissimulava un viaggio di piacere e andava via dall’Italia senza mai farvi più rientro.
L’uomo, terminato il periodo di soggiorno della moglie all’estero, dapprima incontrava le resistenze della stessa a fare rientro in Italia, adducendo problemi di natura burocratica e, successivamente, vedeva recapitarsi in via del tutto inaspettata una lettera di divorzio.
A seguito della summenzionata vicenda, l’adito Tribunale Penale di Larino condannava la donna alla pena di mesi 9 di reclusione e la sospendeva dall’esercizio della potestà genitoriale, oltre al pagamento delle spese processuali.
Venivano, così, instaurati contatti con il Dipartimento di Giustizia minorile e di comunità presso il Ministero della Giustizia, affinché – attraverso le disposizioni sancite dalla Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 – fosse adita l’Autorità Centrale della Romania per l’attivazione della procedura di localizzazione e del diritto di visita.
2. Reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero ex art. 574 bis c.p.
Il Tribunale Penale di Larino adito, in ordine ai fatti sopra menzionati, in data 20.11.2019 emetteva sentenza di condanna nei confronti della madre, la quale veniva sospesa – di conseguenza – dall’esercizio della responsabilità genitoriale1.
L’art. 574 bis c.p. – di recente introduzione – garantisce una tutela più incisiva e severa rispetto ai reati commessi in danno di soggetti deboli e, nello specifico, di persone minorenni. In ordine all’elemento oggettivo del reato de quo, la condotta tipica consiste nella sottrazione del minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, realizzata attraverso la conduzione o il trattenimento del minore sottratto all’estero. Il fatto deve essere commesso contro la volontà del genitore o del tutore in modo tale da impedire, in tutto o in parte, l’esercizio della responsabilità genitoriale. Con riferimento, invece, alla configurabilità dell’elemento soggettivo è necessario il dolo generico, consistente nella volontà di sottrarre il minore, conducendolo o trattenendolo all’estero ed impedendo in tutto o in parte l’esercizio della responsabilità genitoriale, con la consapevolezza della volontà contraria del genitore esercente la potestà o del tutore.
Di notevole pregio giuridico sono alcune pronunce in materia sancite dai giudici della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui “è penalmente responsabile dei delitti previsti dagli articoli 574 bis e 572 c.p. il genitore che trasferisce indebitamente la prole all’estero, di fatto impedendo anche l’esercizio della responsabilità genitoriale da parte dell’altro genitore, a prescindere dalla volontà del sottrattivo di tenerli con sé per accudirli al meglio ed escludendo quindi ogni intendimento vessatorio della prole”2.
In altra pronuncia il Giudice di legittimità sostiene che “anche in caso di cessazione della convivenza tra genitori naturali, integra il delitto il genitore che sottragga il figlio minore all’altro genitore e lo conduca all’estero, a nulla rilevando la circostanza che l’altro genitore abbia acconsentito al rilascio del passaporto del figlio”.3
Dunque, a margine delle predette considerazioni – integrate le condotte previste e punite dall’art. 574 bis c.p. – la parte civile de qua, in forza di un provvedimento a sé favorevole, attivava la Convenzione de L’Aja del 25.10.1980 per riallacciare i contatti con la figlia minorenne.
3. Convenzione de L’Aja del 25.10.1980, Capo IV, Diritto di visita ex art. 21
La presente Convenzione, ha come fine di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente e di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti. Per meglio entrare nel vivo della vicenda processuale, di già citata, va precisato che si ha sottrazione internazionale quando un minore avente la residenza abituale in un determinato Stato è condotto in altro Stato senza il consenso del soggetto che esercita la responsabilità genitoriale. La prassi equipara alla sottrazione il trattenimento del minore in uno Stato diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso del genitore o di altro soggetto titolare dell’affidamento. Affinché si riesca a tutelare la figura del minore e risolvere le controversie derivanti dall’illecito trasferimento in uno Stato diverso da quello di residenza abituale, sono state stipulate convenzioni internazionali che disciplinano regole applicabili in tutti gli Stati aderenti. In altre parole, a regolamentare dette ipotesi di sottrazione minorile da parte di uno dei genitori, è intervenuta la Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, con riferimento agli aspetti civili della stessa, qualificando come illecito il trasferimento o il mancato rientro di un minore in relazione al luogo di residenza abituale di quest’ultimo immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro4
Detta convenzione è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 15 gennaio 1994 n. 64. Essa si applica nelle relazioni tra gli Stati che vi hanno aderito, tra i quali rientrano anche Italia e Romania. Le autorità centrali dei paesi aderenti sono vincolate dagli obblighi di cooperazione di cui all’Art. 7, al fine di assicurare un pacifico esercizio del diritto di visita, nonché l’assolvimento di ogni condizione di cui l’esercizio di tale diritto possa essere soggetto5.
Per tornare al concetto di residenza abituale posto a presidio della suddetta convenzione – nello sgomberare il campo da dubbie interpretazioni lessicali – sono intervenuti i Giudici ermellini stabilendo che essa non coincide con quella di domicilio, né con quella di residenza in senso formale, ma corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza ha consolidato, consolida, ovvero, in caso di recente trasferimento, possa consolidare una rete di affetti e relazioni tali da assicurargli un armonico sviluppo psicofisico.
In altri termini, la residenza abituale corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, ed ai fini del relativo accertamento rilevano una serie di circostanze che vanno valutate in relazione alla peculiarità del caso concreto: la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica e, in generale, le relazioni familiari e sociali6.
In tema di sottrazione internazionale di minori, costituisce presupposto indispensabile perché possa essere disposto il rimpatrio del minore, ai sensi dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980, la circostanza che, al momento del trasferimento, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente il rimpatrio, non rilevando, ai fini dell’accoglimento della domanda, le cause e le ragioni di tale mancato esercizio7.
Sul punto va precisato che la disposizione dettata dall’art. 12 della Convenzione de l’Aja del 25.10.1980, introduttiva di una vistosa deroga al principio generale che impone di ordinare il ritorno immediato della prole in potestate illecitamente distaccata dal luogo di residenza abituale, conferisce agli organi giudiziari civili degli Stati di rifugio affidatari della cognizione della controversia di rimpatrio, qualora siano stati aditi dopo la scadenza del termine di un anno dalla consumazione palese della sottrazione denunciata, la facoltà di respingere la domanda cautelare di rientro qualora ritengano che i minori contesi si siano medio tempore integrati nell’ambiente di destinazione. Va soggiunto che la prassi interpretativa consolidata applicata pressoché sistematicamente da tutte le Autorità Centrali degli stati aderenti alla Convenzione è orientata nel senso di dichiarare prima facieimproponibili le azioni ripristinatorie formulate in via d’urgenza dopo l’inutile esaurimento del termine annuale suddetto.
Tuttavia, a ben vedere, il genitore rimasto vittima della sottrazione, i cui effetti lesivi si sono ampiamente stabilizzati, potrebbe utilmente enunciare ai sensi dell’art. 21 della Convenzione citata, eventualmente invocando la collaborazione gratuita delle Competenti Autorità Centrali, una richiesta di regolamentazione e di esercizio del diritto di visita, il cui accoglimento da parte degli organi giurisdizionali del Paese di soggiorno della congiunta non convivente gli consentirebbe di disporre di un titolo esecutivo di disciplina vincolante dei contatti e degli incontri periodici con la figlia.
È stato proprio quest’ultimo strumento – sulla scorta della sentenza di condanna emessa da un Tribunale italiano – ad essere prontamente utilizzato dallo Studio Legale Leva, instaurando di fatto un canale diplomatico tra i due Paesi così da consentire al padre di poter nuovamente rivedere la propria figlia.
1 l’art. 93, D.Lgs. 28.12.2013, n.154, che ha riformato la disciplina civilistica della filiazione, ha modificato il testo della norma, sostituendo il riferimento alla «potestà dei genitori» con quello alla «responsabilità genitoriale», la cui definizione è contenuta nel novellato art. 316 c.c.; essa stabilisce, appunto, che la responsabilità genitoriale è esercitata di comune accordo dai genitori, i quali parimenti determinano la residenza abituale del minore